La testimonianza del parente e/o del coniuge della parte nel processo civile

La testimonianza del parente e/o del coniuge della parte nel processo civile
19 Aprile 2021: La testimonianza del parente e/o del coniuge della parte nel processo civile 19 Aprile 2021

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 2295/2021, pubblicata il 2.2.2021, ha affrontato un’importante questione in tema di prova testimoniale relativa all’attendibilità dei testimoni che abbiano un vincolo di parentela o di coniugio con una delle parti processuali. 

IL CASO. Tizia aveva convenuto in giudizio il proprio datore di lavoro Caio, per vederlo condannare al pagamento di quanto dovutole a titolo di differenze retributive. Questioni particolarmente controverse nel giudizio erano la retrodatazione del rapporto di lavoro subordinato e le sue concrete modalità di svolgimento. In proposito era stata ammessa una prova testimoniale ai fini della quale però il Tribunale aveva ritenuto di escludere i testi legati alle parti da un vincolo di parentela e/o coniugio. 

Il procedimento di primo grado si concludeva con l’accoglimento del ricorso e la condanna del datore di lavoro al pagamento di quanto richiesto dalla ricorrente a titolo di differenze retributive.

Avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello il datore di lavoro. 

La Corte d’appello però aveva respinto il gravame e confermato la sentenza di primo grado, condividendo, in particolare, integralmente l’interpretazione delle risultanze istruttorie operata dal Giudice di primo grado.

Il datore di lavoro, quindi, proponeva ricorso per cassazione, lamentando, in particolare, che la Corte aveva ridotto la sua lista testimoniale, escludendo persone a lui legate da vincolo di parentela e che ciò si poneva in contrasto con l’art. 244 c.p.c.

LA DECISIONE. La Suprema Corte ha affermato che il provvedimento del Tribunale, con il quale ha deciso in ordine all’ammissione della prova testimoniale, “non è corretto”.

Ha osservato, infatti, che il Giudice del merito “non ha esercitato il legittimo potere di riduzione delle liste testi sovrabbondanti, ma ha escluso persone, tra coloro che erano stati indicati dal difensore, al di fuori dei limiti dell’art. 245 c.p.c.”.

La Corte ha evidenziato, quindi, che essendo venuto meno, “il divieto di testimoniare previsto dall’art. 247 c.p.c., per effetto della sentenza della Cort. Cost, n. 248 del 1974, i soggetti che, come nel caso di specie, sono legati alle parti processuali da vincoli di parentela e coniugali, possono (e devono) essere sentiti in qualità di testimoni, restando ovviamente salva (..) la successiva valutazione di attendibilità dei testimoni, all’esito del loro esame”.

Pertanto, la Suprema Corte ha ribadito che “in materia testimoniale, non sussiste alcun principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti (..), l’attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il Giudice del merito desuma la perdita di credibilità”.

La Suprema Corte ha, quindi, accolto il motivo di ricorso formulato dalla parte ricorrente, cassato la sentenza impugnata in relazione a tale motivo, e rinviato quindi gli atti alla Corte d’appello in diversa composizione.

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